Gli anni ’70, il periodo d’oro per il progressive rock, quindi, i Gentle Giant?
Sono tra quei gruppi poco considerati, quasi sconosciuti oserei dire, che però sono stati fondamentali per il Progressive. Sebbene tra il loro repertorio non annoverino lunghe suite oltre i dieci minuti, i Gentle Giant hanno una capacità creativa, sopratutto dal punto di vista strumentale, assolutamente incredibile.
Quasi tutti i membri del gruppo sono polistrumentisti e sfruttano benissimo questa loro caratteristica.
Una singola loro canzone possiede una varietà musicale tale che un qualsiasi altro gruppo avrebbe potuto incidere un intero album.
Il loro disco d’esordio, “Gentle Giant”, per quanto risulti ancora un poco acerbo, sopratutto rispetto ad un lavoro come “Octopus”, può già essere considerato un capolavoro del genere.
L’album si apre con la traccia “Giant”,, ed è già un tripudio di progressioni strumentali, condite con un cantato perfetto, molto pulito e ispirato.
La geniale “Alucard” non è altro che “Dracula” scritto al contrario, che è proprio il tema principale della canzone, dove le varie digressioni strumentale la fanno da padrone.
“Isn’t it quiet and cold” è il brano più tranquillo, una dolce e rilassante ballad che, inserita strategicamente a metà album, riesce davvero a farci godere un momento di relax da tutta la maestosità dei precedenti pezzi.
“Nothing at all”, la loro canzone più lunga, l’unica che può assomigliare ad una suite: racconta di una ragazza che si rende conto di aver perso tutto e che riflette seduta sulla riva di un fiume. Un improvviso assolo di chitarre spezza in due il brano, seguito da un assolo di batteria di quasi tre minuti, mentre un pianoforte impazza dall’altra cuffia con un’orgia di note, creando un tappeto musicale assolutamente magnifico, che introduce poi la fine del brano, di nuovo dolce come l’inizio.
Dopo un pezzo così, l’attacco quasi frenetico di “Why not?” lascia senza il fiato, brano molto tecnico e dai tratti quasi rock, sempre distinto dalla stupenda varietà strumentale del gruppo.
L’album si chiude con una loro personalissima versione dell’inno nazionale inglese, ovverosia “The Queen”.
“Gentle Giant” è il loro esordio perfetto. Non avrebbero potuto presentarsi in maniera migliore, e anche se miglioreranno parecchio (“Octopus”,ma anche “Aquiring the taste”),questo rimane il loro miglior album; semplice da ascoltare, ma allo stesso tempo un lavoro molto complesso e particolare.