Echoes occupava l’intera facciata b del loro album MEDDLE, pubblicato ad un mese di distanza dalle riprese del film realizzate a Pompei tra il 4 e il 7 ottobre 1971.
Era un brano dotato di una leggerezza poetica senza pari, evocativo e sognante come nella migliore tradizione Floyd; a partire dal "ping" introduttivo, una semplice nota di pianoforte che rende inconfondibile la suite già al primo secondo d'ascolto. Gilmour: "Echoes derivò da un pezzo al piano che Rick s'era messo a suonare allo studio della EMI e le cui note passavano attraverso un microfono filtrato da un Leslie. L'aveva acceso a un volume ragionevolmente alto ma c'era uno specifico armonico che per qualche ragione spiccava sempre più forte del resto; ogni volta che suonavi quella particolare nota al piano, si sentiva piu forte — è il `ping' che si sente nella canzone.
Rick comincio a suonare e ogni tanto toccava quella nota. Attratti da quel `ping' decidemmo di buttar giù qualcosa insieme a Rick". Nella suite si avverte un amalgama compiuto e raffinato in cui la sublime tastiera di Wright si mescola con estremo sapore al piglio rinnovato della chitarra. Il brano è una tappa cruciale nella storia del gruppo, il crocevia di quel Pink Floyd Sound che diventerà un marchio inconfondibile per la scalata al successo. Struggente l'immagine del volo d'albatro librato al di sopra del mondo sommerso, in un continuo saliscendi fra cielo e abissi corallini.
L'intreccio vocale di Gilmour e Wright rende il cantato una delizia assoluta, impreziosendo ulteriormente la poesia del testo. Nella seconda strofa emerge la direzione concettuale che stava traghettando il gruppo sul "lato oscuro della luna", come confermato da Roger Waters: "Cercavo di trovare il modo di esprimere il bisogno che sentivo: cioè che noi, in quanto esseri umani, dovremmo imparare a entrare ancor più in sintonia con gli altri. Questo pensiero viene esplicitato dai versi: `strangers passing in the street, by chance two passing glances meet / And I am you and what I see is me" .
L'ispirazione del bassista traeva origine non solo da esperienze strettamente personali ma anche da squarci di vita altrui rubati attraverso una finestra: Waters si era trasferito con la moglie in un appartamento a Shepherd's Bush, a nord di Londra, da cui si godeva una visuale privilegiata sul continuo brulicare di passanti lungo Goldhawk Road. Nelle ore di punta la fiumana di gente che andava e tornava dal lavoro assumeva proporzioni tali da portarlo a ragionare su certi aspetti di alienazione e solitudine dell'uomo contemporaneo.
Al termine della seconda strofa la suite aumenta d'intensità, sino a sfociare nella sezione funky. È il preludio alla parte mediana, quella più oscura e misteriosa, una sezione onirica e carica di effetti eco; l'ascoltatore è sperduto in vacui territori abitati da corvi e presenze tenebrose, con uno stridulo lamento (che alcuni interpretano come il verso dei gabbiani) che sembra provenire dagli abissi profondi. L'effetto nasce da un errato cablaggio del pedale wah-wah da parte di Gilmour, come testimoniato da Wright: "Uno dei roadie aveva bloccato il pedale wah-wah al contrario, e la cosa creò quell'effetto Larsen.
David si mise a suonare con quell'effetto, creando suoni davvero stupendi '. John Leckie, tecnico del suono per MEDDLE: l Floyd erano appena tornati dagli Stati Uniti e ricordo che Gilmour aveva appena comprato lo stesso wah-wah utilizzato da Jimi Hendrix. ll suono del gabbiano che si sente su Echoes è quello, ottenuto con il Cry Baby". Il "ping" di Richard Wright riaffiora al minuto 14:40 aprendo una delle sezioni emotivamente più coinvolgenti della suite: come a evocare l'alba che a passi lenti trionfa sulle tenebre, il brano cresce dí intensítà sino a elevare il suono a livelli di armoniosita assoluti.
La terza e ultima strofa cantata riporta la composizione sulle atmosfere iniziali; segue circolarmente una parte strumentale più movimentata con una chiusura in tonalità maggiore, quasi trionfale. La coda del brano è un dolce fraseggio in cui musica diminuisce di intensità, fino a diventare morbida ed eterea: un coro di voci in multitraccia, orchestrato dalle tastiere di Wright, chiude a sfumare il capolavoro. Per necessità cinematografiche nel film "Pink Floyd Live At Pompeii la suite venne divisa in due porzioni, in apertura e in chiusura.
Furono necessarie quattro "take" per assemblare l'intero brano; alle registrazioni effettuate all'interno dell'anfiteatro fù aggiunta l'incisione della sezione centrale, realizzata negli studi Europa--Sonor di Parigi tra 13 ed il 2 dicembre 1971, dove furono sovraincise anche le voci di Gilmour e Wright.