Pink Floyd.
"PinkFloydiano nell'animo" by Paolo Rosati
Essermi formato sulla musica dei Pink Floyd è stata una grandissima fortuna.
In meno di sei mesi, fra l’autunno del 1975 e il tardo inverno del 1976 avevo ascoltato ed assimilato tutta l’evoluzione artistica di questa band unica ed immortale.
La musica di questo gruppo sembra creata appositamente per allargare gli orizzonti della conoscenza e per suscitare nell’ascoltatore una ricerca verso le avanguardie ed una propensione verso il bello.
Sono note suonate in maniera estremamente accurata e ricercata.
L’improvvisazione diventa la chiave per aprire una nuova porta che viene dapprima disegnata su un muro che pareva privo di ingressi. Le composizioni sono come stanze che finiscono per comunicare fra loro,tutte insieme, come in un quadro
di Escher, le cui dimensioni si intrecciano, in maniera impossibile, finendo per formare un tutt’uno che stordisce i sensi ed incendia la fantasia.
Il percorso dei Pink Floyd si riallaccia ad un’analisi interiore dell’io, nella galassia interiore dell’essere umano, per poi esplodere fragorosamente in un più ampio contesto sociale. Microcosmo e macrocosmo si abbracciano e si fondono, all’insegna della sperimentazione e della bellezza.
I Pink Floyd appartengono al nostro secolo così come appartennero a quello scorso. Semplicemente perché raccontano l’umanità, i suoi limiti e le sue speranze, attraverso l’ansia di una liberazione che parte dal contesto storico per allargarsi alla più ampia sfera esistenziale.
I Pink Floyd non furono dei semplici caposcuola o degli iniziatori.
Divennero essi stessi un “genere musicale”, riassumendo il rock progressivo, la psichedelica, la sperimentazione e la canzone d’autore in maniera del tutto unica e geniale.
La loro discografia è il miglior testimone del loro narrivabile talento.