COSÌ AMERICANO, Lou Reed, ebreo newyorkese, nutritosi di poesia e rock’n’roll, omosessuale che amava le donne, devastato dall’elettroshock da ragazzino, legato ai suoi genitori in un rapporto di amore e odio, l’ombra di un padre disprezzato dietro le spalle, con l’incubo onnipresente di essere inadeguato rispetto al modello a cui venne educato nella sua famiglia, con una sorella che lo osservava in silenzio.
Un essere umano di questo tipo aveva due strade: suicidarsi per il ribrezzo che provava verso la vita oppure esorcizzare il suo male di esistere in qualche maniera.
Lou salvò la propria vita con la musica, quel rock’n’roll che Elvis Presley aveva imposto come nuovo modello di musica popolare che avrebbe conquistato il pianeta una volta che quattro ragazzi di Liverpool lo ebbero elaborato così bene da diventare un linguaggio universale per una nuova generazione che si affacciava alla consapevolezza di esistere.
Lou fece dell’insicurezza e dell’instabilità psicologica la propria forma elementare di ispirazione e da essa estrasse la linfa vitale che alimentò la propria ispirazione artistica.
Violentate un essere umano e farete di lui un mostro di crudeltà. Lou fu crudele nella sua vita privata, la sua fidanzata Shelley Albin e la sua prima moglie Bettye Kronstad ne fecero le spese in maniera devastante.
La tossicodipendenza durissima diventò la sua compagna di vita, che fece sì che trovò conforto per pochi anni fra le braccia di Rachel Humphreys, un transessuale che all’anagrafe faceva Richard, che gli ispirò due album meravigliosi, “Coney Island Baby” e “Street Hassle”.
Disintossicatosi dalle droghe e dall’alcol convogliò a nozze con Sylvia Morales, da cui divorziò per legarsi negli anni novanta all’artista di avanguardia Laurie Anderson, con la quale rimase fino alla fine della sua esistenza terrena, trovando in lei la sua ideale compagna di vita nonché uno specchio con cui relazionarsi a livello artistico.
I Velvet Underground furono uno dei gruppi più importanti della storia della musica rock, la cui originalità era tale da non essere assolutamente recepita dai loro contemporanei.
Oggi un disco come “The Velvet Underground&Nico” viene riconosciuto per ciò che è, una autentica opera d’arte, anche per merito di Andy Warhol, autore della celeberrima copertina con la banana.
La musica americana, ingiustamente ritenuta inferiore dagli adepti del culto del progressive, è la radice di tutto lo splendido panorama musicale che si affermò in Gran Bretagna e nella allora Germania Occidentale.
Senza i Velvet Underground un certo David Robert Jones si sarebbe affermato come grafico pubblicitario a Londra. Probabilmente tante fan e tanti fan del noto genio di Brixton inorridiranno a questa mia affermazione.
La differenza fra il sottoscritto e i fan di David Bowie è semplicissima: io AMO David Bowie, non i suoi personaggi.
Amo l’uomo prima del sublime artista, e intuisco la sua incapacità di presentarsi sul palco senza un’intercapedine fra la sua fragilità e il pubblico.
I vari personaggi che Bowie interpretò furono le maschere che un uomo fragile indossava per apparire forte.
Le piste di cocaina sono i viali della disperazione dei deboli.
Bowie in fondo era un attore incredibile, capace di giocare con tutto e con tutti, e la sua versatilità lo impose alla fine come un’icona della cultura contemporanea.
Per chi sa leggere fra le righe queste sono semplici parole d’amore. Per chi non lo capisce non ha importanza: uscii dal più famoso gruppo Facebook dedicato a David proprio perché era dedicato ai “fans d’Italia”.
Non sono un fan.
Per amore di verità non ho alcun problema a scrivere che “The Velvet Underground&Nico” si mette in tasca “The Rise And Fall Of Ziggy Stardust And The Spiders Of Mars”(che è un capolavoro tridimensionale, intendiamoci!): Bowie divento “Bowie” con un disco meraviglioso che si chiama “Station To Station”.
Da lì iniziò, fra il 1977 e il 1980, una serie di album semplicemente FANTASTICI che escono ogni anno successivo a quello che stiamo vivendo.
Come un uomo fragile divenne il più grande di tutti.
Meraviglioso, non credete?
“My week beats your year”.